Pensioni

Uscita anticipata dal lavoro: ecco quanto costa andare via prima rinunciando al 3% annuo

L’ultima proposta sul tema pensioni ipotizza una uscita anticipata dal mondo del lavoro rinunciando al 3 per cento all’anno. Si tratta di una delle tante ipotesi di flessibilità che però secondo i detrattori comporterebbe un costo troppo alto per i lavoratori.

I sindacati dunque bocciano la proposta del numero uno dell’istituto nazionale di previdenza sociale. In particolare la Uil ha analizzato le conseguenze che avrebbero le proposte dell’Inps. Esempio: nel caso di uscita dal mondo del lavoro in anticipo rispetto all’età anagrafica attualmente richiesta (66 anni e 7 mesi) fino ad un massimo di 3 anni scatterebbe una penalizzazione del 3% dell’assegno per ogni anno di anticipo.

Bisogna anche tenere presente che andando in pensione in anticipo la quota contributiva sarebbe implicitamente inferiore, e quindi l’assegno scenderebbe ancora. La ricerca ha analizzato 3 diverse fasce di trattamento dalle 3 volte il minimo, 1.500 euro mensili lordi, sino alle 7 volte il minimo, 3.500 euro mensili lordi.

Applicando a queste la penalizzazione del 9% per 3 anni di anticipo, del 6% per due anni di anticipo e del 3% per 1 anno di anticipo, è emerso che la penalizzazione inciderebbe tagliando più di una mensilità l’anno a prescindere dal trattamento percepito.

“Così – spiega la Uil – un lavoratore che accede alla pensione a 63 anni e 7 mesi con un trattamento pieno di 1.500 euro lordi mensili deve rinunciare di fatto a oltre una mensilità l’anno, 1.755 euro, per il resto della vita, mentre un lavoratore che accede alla pensione con un trattamento pieno al momento del pensionamento pari a 3.500 euro lordi mensili vedrebbe il proprio assegno tagliato di 4.095 euro annui”.