Pensioni

Riforma pensioni: non può essere ignorato il problema del reddito pensionistico di chi ha perso potere d’acquisto con le prestazioni pensionistiche

La Riforma pensioni studiata dal Governo dovrebbe riguardare diversi settori. Tra questi non possono mancare quelli relativi ai pensionati con redditi bassi. Le ultime notizie sulle pensioni dicono che l’esecutivo si sta concentrando sulla flessibilità in uscita, ma non può essere ignorato il problema del reddito pensionistico di chi ha perso potere d’acquisto con le prestazioni pensionistiche.

E’ orientato a un rafforzamento della quattordicesima mensilità. Si tratta di un bonus che va dai 336 ai 504 euro in base agli anni di contributi versati. E’ riservato ai pensionati con più di 64 anni che hanno un reddito inferiore a 9.786,86 euro lordi (1,5 volte il trattamento minimo). Le opzioni riguardano l’aumento dell’importo del reddito di riferimento o l’incremento del valore delle quattordicesime.

Ma si parla anche dell’ampliamento della no tax area. Al momento rientrano nella categoria i pensionati fino a 75 anni di età e con reddito fino a 7.750 e quelli più anziani con assegni annuali non superiori a 8mila euro. Il limite reddituale potrebbe aumentare fino a 8.145 euro.

“L’intervista di Calenda a la Repubblica, se diventasse la linea del Governo nella prossima legge di Bilancio, sarebbe inaccettabile. Siamo tornati alla riproposizione della vecchia e stantia politica dei due tempi: prima gli investimenti e la competitività e poi l’equità sociale. I lavoratori e i pensionati sono stanchi di aspettare il “sol dell’avvenire”. I sacrifici sono stati fatti abbondantemente: sulle pensioni, sul lavoro e sul blocco dei contratti”. Lo dichiara Cesare Damiano. “Adesso – prosegue – è giunto il tempo della restituzione: non è possibile caricare sempre sui soliti noti il peso della crisi, della diminuzione del debito e della ripresa del Paese. Sfugge a Calenda il fatto che, secondo il DEF dello scorso aprile, i risparmi che si realizzeranno dal sistema pensionistico da qui al 2050 con le riforme del 2004, 2007 e 2011, ammonteranno a 900 miliardi di euro, vale a dire circa il 40% del totale del debito pubblico italiano? Oppure che i contratti di lavoro pubblici sono bloccati da ormai 7 anni?”. “Se – spiega Damiano – accanto agli investimenti, il Governo non sceglierà anche gli interventi sull’equità, sarà inevitabile un conflitto politico e sociale. Il Governo ha troppe voci che dicono tutto e il contrario di tutto”. “Noi ci aspettiamo, per le pensioni, una dotazione di base di 2 miliardi di euro ai quali aggiungere le risorse già accantonate del Fondo esodati, di Opzione Donna e dei lavori usuranti”, conclude Damiano.