Flessibilità in uscita: ai pensionati in essere una “no tax area” uguale a quella dei dipendenti
La Riforma pensioni mostrerà qualche dettaglio in più della sua fisionomia a settembre. In particolare, si chiariranno molti aspetti delle intenzioni del Governo sulla Flessibilità in uscita. Le ultime notizie sulle pensioni però sembrano lasciare scettico il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo: “Stiamo continuando a discutere ma il percorso non è finito: non c’è dissenso né intendiamo esprimere giudizi compiuti, perché stiamo ancora cercando di trovare soluzioni. Abbiamo iniziato a parlare di merito, in questi ultimi mesi, affrontando i principali punti individuati per il confronto. Non ci possiamo fermare solo sulla cosiddetta Ape proposta dal Governo: ci sono i lavori usuranti, c’è il problema dei precoci, per i quali 41 anni di contributi devono essere considerati più che sufficienti per accedere al pensionamento senza penalizzazioni, c’è la questione delle ricongiunzioni, solo per citare gli aspetti più delicati ai quali siamo particolarmente interessati”.
Barbagallo non è d’accordo con i conti fatti dal Governo: “Non vorrei che stesse per ricominciare il vecchio balletto: i soldi che ci sono bisogna darli come sempre alle imprese, oppure finalmente anche a lavoratori e pensionati? Noi sappiamo benissimo che agli imprenditori degli aiuti possono servire, ma i fatti dicono che con questa politica sono anni che restiamo a bagnomaria e non usciamo mai dalla crisi” ricorda Barbagallo. “Ci rendiamo conto o no che il 75% delle imprese italiane lavora per il mercato interno? Lo vogliamo capire che i lavoratori e i pensionati non hanno soldi da spendere per acquistare questi prodotti?». «Io dico che le risorse necessarie si possono trovare guardando a un arco di tempo più lungo. Ma cominciando con gli interventi che sono indispensabili ora».
Il segretario Uil ha le idee chiare sulle necessità: «Serve subito la flessibilità in uscita; c’è un problema per i lavoratori precoci, per gli esodati, per chi svolge lavori usuranti, per i pensionati più poveri. Discutiamo in che modo realizzare queste misure, ma sono tutte necessarie, e le risorse si devono trovare. Secondo i nostri conti sulla previdenza servono 2,5 miliardi: non sono certamente cifre esagerate. E allora, iniziamo il percorso: ai pensionati in essere diamo una “no tax area” uguale a quella dei dipendenti; aumentiamo le quattordicesime per i pensionati fino a 1200-1300 netti. E poi l’anticipo previdenziale: non è giusto che chi lo fa per necessità debba pagare di tasca sua. Non possiamo chiedere di tirare fuori dei soldi ai lavoratori prossimi alla pensione e licenziati, che non troveranno mai più un lavoro, a quelli che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali. Anche noi del sindacato possiamo discutere se mettere a disposizione parte delle risorse della bilateralità. Ma stavolta non perdiamoci come al solito in chiacchiere».